martedì 12 settembre 2017

Dissesto idrogeologico, quello che si è fatto e quello che si deve fare

E’ il momento di prendere atto che quella climatica non è solo la più grande e pericolosa emergenza ma è anche la nostra più grande opportunità di investimenti, innovazione, crescita e sicurezza

Erasmo D’Angelis, ha fatto nascere la struttura di missione Italiasicura a Palazzo Chigi e da pochi giorni è Segretario Generale del Distretto Idrografico dell’Italia Centrale, l’ente che ha accorpato anche l’Autorità del Tevere e delle aree terremotate.

Un’altra città, Livorno, devastata con la forza dell’uragano. Dopo tante catastrofi cosa è stato fatto per contrastare questo dissesto?
Per la prima volta in questo Paese siamo passati dall’inseguire solo le emergenze alla prevenzione strutturale. Dopo tre anni di lavoro di Italiasicura, voluta dal governo Renzi e confermata dal governo Gentiloni, il contrasto al dissesto idrogeologico vede una ordinata pianificazione con un piano nazionale di interventi con 9.280 opere, ma il 92% da progettare e questo la dice lunga sui ritardi italiani, e un piano finanziario da 9,7 miliardi in 7 anni. Molti grandi cantieri sono aperti da Genova a Firenze al Sud, e il tesoretto da 2.2 miliardi che abbiamo trovato non speso dagli anni 2000 al 2014 si è trasformato in 1.334 cantieri aperti e monitorati e molti conclusi per arginature, sicurezza di versanti franosi, aree di laminazione. E’ la più importante opera pubblica italiana che oggi impegna lo Stato per 365 giorni l’anno, una grande corsa contro il tempo per ridurre vittime e danni in una larga parte del territorio nazionale a rischio.
Dobbiamo voltare davvero pagina?
E’ il momento di prendere atto che quella climatica non è solo la più grande e pericolosa emergenza ma è anche la nostra più grande opportunità di investimenti, innovazione, crescita e sicurezza. E se cambiamenti climatici accelerano eventi estremi come siccità prolungate e piogge a carattere esplosive, dobbiamo mettere fine al nostro approccio da fatalisti medievali.

Come si affronta il clima impazzito?
Abbiamo iniziato a farlo. Raccontandoci le verità e rimboccandoci le maniche. Mettendo fine al paradosso di un Paese come il nostro che è un naturale show room di grandi rischi e l’unico paese industrializzato dove la potenza distruttiva dei pericoli naturali è stata moltiplicata dalla “mano dell’uomo” con errori fatali, cementificando il territorio come se vivessimo in un’Italia virtuale. La verità atroce è che siamo tra i primi al mondo per danni e perdite di vite umane da catastrofe. Dal 1945 ben 2.458 Comuni in tutte le Regioni sono stati colpiti da frane e inondazioni che hanno causato 5.455 morti, 98 dispersi, 3912 feriti gravi e circa 800.000 senzatetto.  E un elenco sterminato di decreti emergenziali per  stanziamenti e mutui contratti per far fronte alle spese per assistenza, risarcimenti, ripristini e riparazioni, arriva a circa 7 miliardi all’anno dal dopoguerra. Metà per alluvioni e frane, 2,5 per i dopo terremoti e il resto dopo incendi, mareggiate e altre calamità.

E non sarebbe bastato questo semplice calcolo a farci invertire la rotta?Certo, ma questo concetto elementare ha sempre faticato ad entrare nella testa della politica che ha preferito il rattoppo continuo chiudendo un occhio sull’applicazione di leggi, vincoli e regole e regalando condoni e sanatorie. Non è un caso se la legge contro gli ecoreati ha visto la luce solo un anno e mezzo fa, dopo trent’anni di battaglie ambientaliste, e grazie all’impegno preso dal governo Renzi.

Che serve?
Una reazione corale. Il nuovo Dipartimento “Casa Italia” appena istituito a Palazzo Chigi è la prima struttura permanente di prevenzione e affianca la Protezione Civile. Va oltre le stagioni della politica e va insediato nelle istituzioni e nella mentalitá di noi italiani. Dobbiamo avere chiaro che sull’intera penisola i Comuni con aree interessate da frane o alluvioni sono ben 7.145 dove vivono quasi 7 milioni di italiani in zone edificate senza opere di difesa e dove la stessa toponomastica richiama il rischio: Stagno, Bagni, Settebagni, Bagnoletto, Trematerra, Infernetto, Punta Maledetta, Via Affogalasino, Via della Frana, Piovera… Ben 620mila frane, i due terzi di quelle censite nei 28 paesi UE, sono sui nostri territori nazionali montuosi e collinari. E vittime e danni sono sempre direttamente proporzionali allo stato di manutenzione e tenuta del territorio. E’ questo il messaggio anche della tragedia di Livorno.

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