martedì 16 maggio 2017

Qualche precisazione circa la contestata legge sulla legittima difesa

Alberto Pagani (Deputato PD)

La norma approvata specifica solo alcuni aspetti di un diritto già ampiamente sancito nell'ordinamento: non abbiamo introdotto la “licenza di uccidere”, ma elementi per discriminare meglio i casi.

Il 4 maggio la Camera ha approvato in prima lettura la legge sulla “legittima difesa”, che vorrei spiegare per disinnescare le strumentalizzazioni. Per prima cosa voglio chiarire che la proposta di una nuova legge era stata presentata dalla Lega e che i regolamenti parlamentari prevedono obbligatoriamente l'esame in Aula di una quota di proposte avanzate dalla minoranza (e ci mancherebbe altro): la destra aveva presentato un testo e il gruppo Pd della commissione competente, ovvero la commissione Giustizia, ha ritenuto opportuno presentare a sua volta un altro testo, stravolgendo l'idea originaria (tanto che Lega, Fratelli d'Italia e Forza Italia hanno votato contro la norma approvata dalla Camera, ritenendola “morbida”). La proposta della Lega prevedeva, in poche parole, che chi usa un'arma contro un malvivente abbia sempre ragione; la nostra legge dice tutt'altro e introduce solo elementi per discriminare meglio i casi in cui la difesa a un'aggressione è legittima e quelli in cui non lo è.

Lasciando inoltre l'ultima parola alla magistratura. Già oggi un magistrato valuta, infatti, se esiste una proporzione tra l'offesa e la difesa: la norma delinea ulteriori criteri con cui valutare questa proporzione, ma senza sancire che chi spara a un aggressore abbia sempre diritto a farlo. Non è questo il messaggio e non è questa la legge che abbiamo approvato. L'altra cosa che vorrei sottolineare è che siamo intervenuti su una normativa già esistente (del 2006, risalente al governo Berlusconi), che a sua volta interveniva su un diritto previsto dal Codice Rocco (cioè la base del Codice penale), perché pensiamo che anche la sinistra debba occuparsi di sicurezza, un tema che interessa tutti i ceti sociali e colpisce in particolare i più deboli. La sicurezza non è prerogativa della destra, che farebbe leggi davvero scellerate: basti pensare che la proposta della Lega sarebbe stata la legge permissiva d'Europa in materia. Non era quello che andava fatto, per questo abbiamo deciso di procedere con questa norma, ovviamente perfettibile, ma che non vuole incentivare in alcun modo i cittadini a commettere atti insani verso terzi, pensando di avere sempre il diritto dalla propria parte. Serve equilibrio: abbiamo cercato di trovare questo equilibrio. Con le novità introdotte non viene infatti meno il principio della proporzionalità tra l’offesa e la difesa (come aveva chiesto la Lega), né viene sancito che la difesa sia legittima se l’aggressore abbia già desistito o sia in fuga. Nessuna licenza di sparare insomma. Sottolineo infine che una legge sulla legittima difesa esiste in moltissimi Paesi: in Francia (abbiamo votato infatti una legge molto simile a quella francese), Gran Bretagna, Germania, Spagna, solo per citare i principali.
Vediamo dunque cosa dice il provvedimento, ma per capirlo occorre partire dall'articolo 52 del Codice penale che oggi disciplina “l'autotutela” di un cittadino in una situazione di pericolo imminente (per sé o per altri) da cui sia necessario difendersi, e in un momento in cui non sia possibile – per ragioni di tempo e di luogo – rivolgersi alla forza o all'autorità pubblica. Il Codice penale dunque prevede già il diritto a una difesa legittima. Nel 2006 una prima riforma a questo articolo introdusse poi la cosiddetta “legittima difesa domiciliare”: a questo scopo è già dunque oggi autorizzato l'uso di “un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo per difendere la propria o altrui incolumità”. L'arma deve essere detenuta “legittimamente” ovvero previa porto d'armi, perché appunto le armi si vendono solo tramite autorizzazione e il loro mercato – fortunatamente – in Italia non è liberalizzato: se una persona spara con un'arma detenuta illegalmente, questo ha conseguenze sulla liceità della difesa, poiché la persona non dovrebbe possedere quell'arma. Il Codice penale definisce inoltre il caso di un “eccesso colposo” (non volontario quindi) di legittima difesa, che si verifica quando viene superato il limite all’autotutela concesso dalla legge, ossia quando viene meno la proporzione tra minaccia e reazione o altri elementi costitutivi dell’art. 52. Il giudice oggi valuta l'accaduto, tenendo conto di una serie di circostanze oggettive, comprendendo la situazione in essere e bilanciando così azione e reazione. La nostra legge interviene ulteriormente sull'articolo 52, sopra descritto, specificando che si considera sempre legittima la difesa a un'aggressione in “un negozio o in un ufficio o in una casa”, se commessa di notte o se l'intrusione è accompagnata da violenza o inganno o minaccia. Siamo anche intervenuti sull'articolo 59 che riguarda la “disciplina dell'errore” (ossia la cosiddetta “legittima difesa putativa”, che prevede responsabilità a carico di chi si è difeso credendo erroneamente nella sussistenza di un pericolo, sempre che l’errore di valutazione sia determinato dalla sua colpa), stabilendo che la colpa di chi reagisce per autodifesa deve essere sempre esclusa quando la reazione (anche erronea quindi) sia conseguenza di un grave turbamento psichico causato dalla persona contro la quale è diretta la reazione. Nella legittima difesa è sempre esclusa la colpa della persona, che usa contro l'aggressore un'arma legittimamente in suo possesso, se l'errore si verifica in situazioni comportanti un pericolo reale per la vita, l'integrità fisica e la libertà personale o sessuale (una minaccia di stupro, per esempio), o se l'errore è conseguenza di uno stress emotivo gravissimo. Naturalmente, per evitare ogni tipo di arbitrio, il provvedimento prevede che debba esserci sempre la valutazione del caso concreto da parte del giudice e che la persona che, presumibilmente, si difende legittimamente, sia comunque sempre iscritta nel registro degli indagati. Dunque che si avvii un'indagine a suo carico; se si viene prosciolti, perché la difesa è davvero “legittima”, la persona ha diritto al rimborso delle spese legali (oggi oltre il 90% dei casi di questo genere termina con un proscioglimento). La nostra legge, dunque, parte dall'articolo 52 come già riformato dando ulteriori specifiche per la valutazione giuridica. Restano invece fermi i criteri – necessari – dell'attualità del pericolo, dell'impossibilità di rivolgersi alla forza pubblica e della proporzione tra difesa e offesa. La valutazione del caso spetta sempre al giudice, escludendo ogni tipo di automatismo e considerando l'iscrizione nel registro degli indagati un atto dovuto, a garanzia di tutti. Cito come mera esemplificazione il caso Pistorius (sebbene non sia un caso italiano) che ha sparato alla sua compagna affermando che pensava fosse un ladro: si è tenuto un processo e il giudice lo ha al fine condannato per omicidio. Funziona già così anche da noi e funzionerà così anche in seguito a questa legge.
Lo spirito del provvedimento è racchiuso nell'esigenza di specificare una miglior fattispecie di legittima difesa, ma senza una deregolamentazione che la legge non prevede in nessun modo. Se si uccide un ladro che scappa, senza aver usato violenza e dopo aver avvertito la presenza del proprietario, la difesa non è proporzionata; laddove non sussistano minacce o violenze, o pericolo per la vita o l'integrità fisica, come stabilito dalla legge, la reazione violenta è squilibrata rispetto all'aggressione; se non si possiede un'autorizzazione per detenere armi, ugualmente, si andrà incontro a problemi legali. Come detto, leggi simili esistono in moltissimi ordinamenti occidentali. Per molti l'ambiguità del testo sembrerebbe il riferimento alla “notte”: questo dettaglio non significa che le ore notturne siano condizione esclusiva per la difesa legittima, ma solo uno degli elementi che porta alla non punibilità. Se la domanda è: la legittima difesa vale solo di notte? La risposta è: no. La non punibilità scatta sempre a seguito dell'introduzione di un malvivente in uffici, negozi o case, laddove – lo ripeto – vi sia minaccia per persone o cose o inganno o sia esercitata violenza. Ora la discussione passa al Senato che, con ogni probabilità, cambierà alcuni aspetti della norma. Su cui secondo me si è fatto molto rumore per poco o nulla. Il voto su questo provvedimento non è certo di quelli che ritengo fondamentali per la Legislatura e abbiamo fatto cose ben più degne di interesse. Tra l'altro – in sintonia con quanto affermato dal Ministro Minniti – credo che la difesa armata in democrazia spetti ai corpi dello Stato, non al singolo. L'importante però è inquadrare le cose che si fanno nei contesti appropriati, capendo come e perché sono state realizzate. Dunque è falso che il Pd abbia introdotto una radicale innovazione normativa: il diritto a difendersi, in Italia, è già previsto. Tanto che i casi di cronaca più tristemente noti – il gioielliere che ha ucciso il ladro a Milano, per esempio – sono finiti con un proscioglimento perché l'autotutela è nel nostro ordinamento. Trovo dunque sbagliato creare un caso politico sulla materia: mi interessa invece restare nel merito, anche procedurale/legislativo, di questa faccenda. E il merito è quello che ho illustrato.

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