giovedì 9 marzo 2017

“Per la prima volta una misura strutturale di contrasto alla povertà”

Il commento di Roberto Rossini, presidente delle Acli e portavoce dell’Alleanza contro la povertà, sulle misure sul reddito di inclusione approvate oggi dal parlamento (...con il voto contrario del M5S!!!)

“Quello di oggi è certamente un risultato molto importante: per la prima volta in Italia c’è una misura strutturale di contrasto alla povertà”. Così il presidente delle Acli, Roberto Rossini, commenta a Unità.tv le misure sul reddito di inclusione approvate oggi.

Il via libera del Senato di stamane delega il governo a definire gli strumenti necessari ad aiutare le famiglie più bisognose e arriva in un momento storico in cui il disagio sembra aumentare in maniera inarrestabile. Il grido d’allarme che arriva dall’Istat parla chiaro: nel 2015 il numero delle famiglie in condizioni di povertà è quasi raddoppiato rispetto a 10 anni prima, arrivando a 1.582.000, pari al 6,1% del totale.

“Il provvedimento di oggi rappresenta la cornice che disegnerà il piano di lotta alla povertà, una cornice che ora bisognerà riempire”, spiega Rossini riferendosi ai decreti attuativi che adesso il governo si appresta a scrivere. Rossini è anche portavoce dell’Alleanza contro le povertà – l’associazione che raccoglie 37 organizzazioni nazionali (tra Comuni, Regioni, terzo settore e sindacati) – che a inizio anno ha lanciato un forte appello al governo e al Parlamento affinché venisse approvata la delega sul reddito di inclusione. “Abbiamo apprezzato l’impegno dell’esecutivo – dice – e il fatto che sia stata considerata una priorità”.

Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti parla di un risultato storico. Basterà per contrastare la povertà assoluta o c’è ancora molta strada da fare?

Crediamo che il reddito di inclusione sia lo strumento giusto per contrastare la povertà, ma è evidente che molto dipenderà dalle risorse che verranno messe su questo strumento. Volendo i soldi si trovano, si sono trovati per le banche, per le spese militari…

Di quanto c’è bisogno?

Tenga conto che a oggi ci sono 4 milioni e mezzo di poveri assoluti. Con poco più 7 miliardi suddivisi su tre/quattro anni saremmo sicuri di riuscire a coprire tutta la platea della povertà assoluta. Sempre che si riesca a riprendere un ritmo sufficiente di crescita economica.

Nelle prossime settimane usciranno i vari decreti attuativi che disciplineranno la platea dei destinatari in povertà assoluta. Quali saranno i passaggi su cui riflettere?

Ce ne sono alcuni: innanzitutto chiediamo espressamente che il fondo povertà sia articolato su due componenti (complementari tra loro), cioè quella economica e quella del welfare locale. È necessario non limitarsi al contributo economico, perché non si esce dai circuiti della povertà soltanto con quello. Occorre mettere più risorse al welfare locale, la seconda gamba per contrastare la povertà, rafforzando e rendendo chiara quell’idea di inclusione sociale e reinserimento nel mondo del lavoro che rappresenta la parte forte del ddl approvato oggi. Noi prevediamo che sul 100% del Fondo di contrasto alla povertà, circa il 70-75% possa andare a finanziare il contributo economico e il restante le infrastrutture.

Su cos’altro bisogna ragionare?

Altra questione che poniamo è quella di garantire assistenza tecnica a coloro che amministreranno il reddito di inclusione: è importante porre particolare attenzione su questo aspetto perché applicarla non sarà facilissimo, l’esperienza del Sia (Sostegno per l’Inclusione Attiva, ndr) lo conferma. Ad esempio si può pensare a forme associate di gestione fra comuni dello stesso ambito territoriale.

Il reddito di inclusione si baserà soprattutto su una condizione di bisogno economico e non più sull’appartenenza a particolari categorie (come anziani, disoccupati e disabili). E’ questa la strada giusta da percorrere?

Sì, questa è un’altra caratteristica importante del piano contro la povertà. Nonostante il ddl approvato non abbia ancora un approccio universalistico, pian piano si sta andando verso quella direzione. L’idea non è partire dalle categorie, ma dalla povertà assoluta, che oltretutto deve essere misurata attraverso la doppia soglia, non solamente di Isee ma anche di reddito. E poi, per accedere al reddito di inclusione dovrebbero essere valutati anche i costi dell’abitare, penso ad esempio a chi è costretto a pagare un affitto.

Nelle ultime settimane c’è stata una forte spinta da parte dell’esecutivo e della maggioranza per provare a chiudere in questi giorni, grazie anche alla pressione avvenuta a inizio anno da parte dell’Alleanza contro la povertà, di cui lei è Portavoce nazionale. Ritiene che il ddl arrivi comunque troppo tardi?

Come le dicevo, apprezziamo l’impegno dell’esecutivo. Va detto però che siamo l’ultimo paese in Europa ad avere una misura del genere. Ci siamo arrivati con ritardo e questo un elemento di rammarico, ci si poteva pensare tanti anni prima (non è il problema si questo governo). Ora vedremo se dalla cornice di oggi si riuscirà a completare il quadro in maniera soddisfacente.

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