sabato 18 febbraio 2017

C’è ancora una strada

Piero Fassino (l'Unità, 18 febbraio 2017)

Un Congresso non si esaurisce nei suoi riti formali o burocratici, ma vive dei sentimenti

Sono ore di trepidazione e di angoscia per i tanti che hanno creduto al progetto del PD e che chiedono all’Assemblea nazionale di liberarli dall’incubo di una s cissione. Non è in discussione che un Congresso ci voglia e che che sia di vera discussione. Peraltro sappiamo che Congressi finti non esistono, per la semplice ragione che ogni Congresso mobilita centinaia di migliaia di persone. Un Congresso non si esaurisce nei suoi riti formali o burocratici, ma vive dei sentimenti, delle emozioni, delle passioni, delle idee di chi vi partecipa.
A i Congressi si sviluppa una discussione e un confronto che coinvolgono non solo iscritti e militanti, ma i tanti mondi della società civile. E sarà così anche per questo Congresso, in qualsiasi tempo lo si svolga. E comunque chiediamoci: una diversa valutazione sui tempi congressuali – e anche critiche che legittimamente possono essere avanzate all’attuale conduzione del PD – giustificano davvero un atto di così radicale e irreversibile rottura quale una s cissione?
A nessuno può sfuggire quali deflagranti conseguenze ne scaturirebbero: mutilato di una sua parte il PD sarebbe più debole; indeboliti ne risulterebbero anche governo e maggioranza (proprio mentre si dice che li si vuole rafforzare); assai più difficile sarebbe il cammino di iniziative di ricostruzione di un campo di centrosinistra, come quella promossa da Giuliano Pisapia; si offrirebbe alla destra e a M5S la possibilità di vincere i prossimi appuntamenti elettorali.
E se guardiamo a ciò che accade in Europa, una scissione del PD rappresenterebbe un altro duro colpo ad un campo progressista in forte affanno in tutto il continente. Ma sopratutto si comprometterebb e irrimediabilmente l’unico progetto politico in grado di dare all’Italia un futuro. Un progetto su cui abbiamo investito per vent’anni il destino delle forze progressiste e che oggi rischia di dissolversi, consegnando l’Italia a forze che non hanno né progetto, né classe dirigente. Nessuno, nessuno davvero ci perdonerà di aver deluso e mortificato le speranze di quei tanti italiani che hanno creduto nella possibilità di fare dell’Italia un Paese più moderno e più giusto.
C’è ancora la possibilità di scongiurare tutto questo? Certo, lo scenario si è molto deteriorato. So però che non possiamo, non dobbiamo rassegnarci. Nulla è inevitabile. Di ogni scelta solo noi siamo arbitri e artefici. E pur se i margini sono stretti, abbiamo il dovere politico – e anche morale – di verificare se c’è ancora una strada. E se c’è, di percorrerla senza reticenze e con determinazione. È questa, per tutti, l’ora della responsabilità: verso l’Italia che non merita di essere gettata nel baratro e verso la nostra gente che in queste ore, con angoscia, invoca unità.

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